Sarcomi, la ‘Rete Tumori Rari’ c’è ma non (sempre) funziona

In un’intervista, il Dottor Sergio Valeri, Responsabile Unità Operativa Semplice della Chirurgia dei Sarcomi dei Tessuti molli della Fondazione Policlinico Universitario Campus Bio Medico di Roma e Presidente di Sarknos, spiega quali siano le falle dell’organizzazione della ‘Rete Tumori Rari’ e come migliorarla, per assicurare ai pazienti una diagnosi precoce ed un trattamento adeguato

Dott. Sergio Valeri

Se un tumore ha un’incidenza annuale inferiore o uguale a sei casi per 100mila abitanti, allora viene considerato “raro”.

Chi riceve una diagnosi di malattia rara vive, spesso, una condizione di maggiore solitudine e spaesamento: gli specialisti più adeguati a prendersi cura di lui possono trovarsi anche a centinaia di chilometri di distanza. Ed è proprio per abbattere queste barriere di spazio e tempo che è stata istituita la ‘Rete Tumori Rari’, nata per garantire una collaborazione permanente tra i centri oncologici su tutto il territorio nazionale. La condivisione a distanza dei casi clinici permette di migliorare l’assistenza e, una volta giunti ad una diagnosi certa, garantisce che la patologia sia trattata secondo le evidenze scientifiche.

Si tratta, dunque, di un’organizzazione eccellente che, tuttavia, presenta una falla nel sistema tutt’altro che trascurabile: “molti pazienti affetti da tumori rari accedono alla ‘Rete’ dopo aver ricevuto una diagnosi errata e, di conseguenza, trattamenti altrettanto errati”. A scoprire le carte in tavola è il dottor Sergio Valeri, Presidente di Sarknos, l’Associazione che unisce i pazienti con sarcoma dei tessuti molli e i loro caregiver, alla vigilia della Giornata Mondiale contro il Cancro.

 L’errore chirurgico

“Il 50% dei pazienti affetti da sarcoma arriva ad una diagnosi corretta tardivamente, solo dopo essere stato sottoposto a procedure terapeutiche errate. Il principale errore viene commesso in sala operatoria – spiega il dottor Valeri -. Il chirurgo che opera una persona affetta da sarcoma, ignaro della reale diagnosi, effettua una procedura chirurgica non adeguata a questa tipologia di tumore raro. Per essere più chiari, per rimuovere chirurgicamente un sarcoma non si può procedere con una semplice escissione della massa. Il sarcoma è spesso soggetto a recidiva e, pertanto, nell’esportazione, va rimosso anche parte del tessuto sano circostante”, aggiunge il Presidente di Sarknos.

L’importanza dell’esame istologico

Nella maggior parte dei casi è solo dopo l’intervento chirurgico e il conseguente esame istologico della massa asportata che si giunge ad una diagnosi di sarcoma. Dalla prima diagnosi (errata) di tumore a quella corretta possono passare anche mesi. Un tempo lunghissimo che può cambiare in modo decisivo la prognosi del paziente. “Diagnosticare precocemente un sarcoma, come un qualsiasi altro tumore, può rendere la prognosi più favorevole”, assicura il dottor Valeri. E cosa accadrà dunque a quel paziente che sottoposto ad un primo intervento chirurgico avrà scoperto di essere affetto da sarcoma solo dopo l’esame istologico? “Di solito sono due le vie possibili – spiega lo specialista -. Se non è trascorso troppo tempo dall’intervento, può essere immediatamente programmato un secondo per completare la procedura chirurgica, rispettando i criteri previsti per la rimozione di un sarcoma. In caso contrario, si procederà ad un’attenta sorveglianza del paziente, sottoponendolo a controlli programmati secondo un preciso calendario di follow-up”.

 Come migliorare lo stato dell’arte

Eppure, tutto questo percorso ad ostacoli potrebbe essere evitato. Come? “Effettuando l’esame istologico di qualsiasi tumore prima di decidere il percorso terapeutico adatto al paziente, chirurgia compresa – risponde il dottor Valeri -. Chiaramente affinché un esame possa essere effettuato sarà sempre necessario che un medico lo prescriva. Per questo, ci sarebbe un passo preliminare da compiere: aumentare le conoscenze sui sarcomi tra tutti gli addetti ai lavori, in primis tra i medici di medicina generale”.

I sarcomi rappresentano l’1% di tutte le neoplasie maligne e questo un per cento può manifestarsi in cento diverse varianti. Una rarità nella rarità, dunque.

Sarcomi, per saperne di più…

I sarcomi sono tumori dei tessuti connettivi, tessuti “di sostegno” dell’organismo e possono insorgere dovunque nel corpo. Vi sono quindi sarcomi delle parti molli, dell’osso e dei visceri. Sono nemici insidiosi che per essere affrontati nel migliore dei modi devono essere innanzitutto conosciuti. “Ed è anche a questo obiettivo che lavoriamo con la nostra Associazione: non solo lottare affinché ogni Regione sia dotata di un Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale (PDTA) specifico per i sarcomi, ma anche per diffondere conoscenza e consapevolezza tra medici, da quelli di famiglia agli specialisti, tra i pazienti e tra tutta la popolazione generale”, conclude il Presidente di Sarknos.

Curare è prendersi cura

La nostra Mission

La ricerca è la base del percorso di cura, specialmente nelle patologie rare.

Tramite l’attività di un comitato tecnico-scientifico altamente qualificato, SarkNos promuove e finanzia progetti di ricerca specifici e mirati al miglioramento delle conoscenze, e quindi delle cure rivolte alle persone affette da sarcoma.

L’associazione patrocina iniziative benefiche e di raccolta fondi per la ricerca di base, traslazionale e clinica sia direttamente che finanziando borse di merito per giovani ricercatori.
 
Leggi di più

Sostieni l’associazione 

Grazie al tuo aiuto sosterrai la ricerca scientifica, le attività divulgative e di promozione della salute e tutte le iniziative dell’associazione

Ultime notizie

February 4, 2025Sarcomi, la ‘Rete Tumori Rari’ c’è ma non (sempre) funziona In un’intervista, il Dottor Sergio Valeri, Responsabile Unità Operativa Semplice della Chirurgia dei Sarcomi dei Tessuti molli della Fondazione Policlinico Universitario Campus Bio Medico di Roma e Presidente di Sarknos, spiega quali siano le falle dell’organizzazione della ‘Rete Tumori Rari’ e come migliorarla, per assicurare ai pazienti una diagnosi precoce ed un trattamento adeguato Se un tumore ha un’incidenza annuale inferiore o uguale a sei casi per 100mila abitanti, allora viene considerato “raro”. Chi riceve una diagnosi di malattia rara vive, spesso, una condizione di maggiore solitudine e spaesamento: gli specialisti più adeguati a prendersi cura di lui possono trovarsi anche a centinaia di chilometri di distanza. Ed è proprio per abbattere queste barriere di spazio e tempo che è stata istituita la ‘Rete Tumori Rari’, nata per garantire una collaborazione permanente tra i centri oncologici su tutto il territorio nazionale. La condivisione a distanza dei casi clinici permette di migliorare l’assistenza e, una volta giunti ad una diagnosi certa, garantisce che la patologia sia trattata secondo le evidenze scientifiche. Si tratta, dunque, di un’organizzazione eccellente che, tuttavia, presenta una falla nel sistema tutt’altro che trascurabile: “molti pazienti affetti da tumori rari accedono alla ‘Rete’ dopo aver ricevuto una diagnosi errata e, di conseguenza, trattamenti altrettanto errati”. A scoprire le carte in tavola è il dottor Sergio Valeri, Presidente di Sarknos, l’Associazione che unisce i pazienti con sarcoma dei tessuti molli e i loro caregiver, alla vigilia della Giornata Mondiale contro il Cancro.  L’errore chirurgico “Il 50% dei pazienti affetti da sarcoma arriva ad una diagnosi corretta tardivamente, solo dopo essere stato sottoposto a procedure terapeutiche errate. Il principale errore viene commesso in sala operatoria – spiega il dottor Valeri -. Il chirurgo che opera una persona affetta da sarcoma, ignaro della reale diagnosi, effettua una procedura chirurgica non adeguata a questa tipologia di tumore raro. Per essere più chiari, per rimuovere chirurgicamente un sarcoma non si può procedere con una semplice escissione della massa. Il sarcoma è spesso soggetto a recidiva e, pertanto, nell’esportazione, va rimosso anche parte del tessuto sano circostante”, aggiunge il Presidente di Sarknos. L’importanza dell’esame istologico Nella maggior parte dei casi è solo dopo l’intervento chirurgico e il conseguente esame istologico della massa asportata che si giunge ad una diagnosi di sarcoma. Dalla prima diagnosi (errata) di tumore a quella corretta possono passare anche mesi. Un tempo lunghissimo che può cambiare in modo decisivo la prognosi del paziente. “Diagnosticare precocemente un sarcoma, come un qualsiasi altro tumore, può rendere la prognosi più favorevole”, assicura il dottor Valeri. E cosa accadrà dunque a quel paziente che sottoposto ad un primo intervento chirurgico avrà scoperto di essere affetto da sarcoma solo dopo l’esame istologico? “Di solito sono due le vie possibili – spiega lo specialista -. Se non è trascorso troppo tempo dall’intervento, può essere immediatamente programmato un secondo per completare la procedura chirurgica, rispettando i criteri previsti per la rimozione di un sarcoma. In caso contrario, si procederà ad un’attenta sorveglianza del paziente, sottoponendolo a controlli programmati secondo un preciso calendario di follow-up”.  Come migliorare lo stato dell’arte Eppure, tutto questo percorso ad ostacoli potrebbe essere evitato. Come? “Effettuando l’esame istologico di qualsiasi tumore prima di decidere il percorso terapeutico adatto al paziente, chirurgia compresa – risponde il dottor Valeri -. Chiaramente affinché un esame possa essere effettuato sarà sempre necessario che un medico lo prescriva. Per questo, ci sarebbe un passo preliminare da compiere: aumentare le conoscenze sui sarcomi tra tutti gli addetti ai lavori, in primis tra i medici di medicina generale”. I sarcomi rappresentano l’1% di tutte le neoplasie maligne e questo un per cento può manifestarsi in cento diverse varianti. Una rarità nella rarità, dunque. Sarcomi, per saperne di più… I sarcomi sono tumori dei tessuti connettivi, tessuti “di sostegno” dell’organismo e possono insorgere dovunque nel corpo. Vi sono quindi sarcomi delle parti molli, dell’osso e dei visceri. Sono nemici insidiosi che per essere affrontati nel migliore dei modi devono essere innanzitutto conosciuti. “Ed è anche a questo obiettivo che lavoriamo con la nostra Associazione: non solo lottare affinché ogni Regione sia dotata di un Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale (PDTA) specifico per i sarcomi, ma anche per diffondere conoscenza e consapevolezza tra medici, da quelli di famiglia agli specialisti, tra i pazienti e tra tutta la popolazione generale”, conclude il Presidente di Sarknos. […]
January 7, 2025Sarcomi, ‘ISG incontra i Pazienti’: “Condividi la tua esperienza e racconta le tue emozioni” L’oncologo: “Occasioni come queste sono fondamentali per qualsiasi paziente che viva o abbia vissuto un’esperienza di malattia oncologica. E lo è ancora di più per coloro che hanno ricevuto una diagnosi di tumore raro, come il Sarcoma” Condividere l’esperienza vissuta, raccontare la propria storia e le proprie emozioni. Conoscersi o ricontrarsi. Ma anche ricevere gli ultimi aggiornamenti sui nuovi trattamenti in sperimentazione e informazioni chiare e corrette sull’importanza del follow up. È questo l’obiettivo del webinar “ISG incontra i Pazienti”, il secondo incontro online organizzato da Italian Sarcoma Group per Pazienti e Famigliari, grazie al supporto delle Associazioni di Pazienti che collaborano attivamente con ISG e che parteciperanno all’evento. L’appuntamento è fissato per giovedì 16 gennaio 2025 alle ore 19. “Occasioni come queste sono fondamentali per qualsiasi paziente che viva o abbia vissuto un’esperienza di malattia oncologica. E lo è ancora di più per coloro che hanno ricevuto una diagnosi di tumore raro, come il Sarcoma –  spiega Bruno Vincenzi, professore ordinario di Oncologia Medica presso il Policlinico Universitario Campus Bio-Medico -. Ogni anno, 5-6 pazienti su 100mila abitanti ricevono una diagnosi di sarcoma. Tali numeri definiscono, pertanto, il sarcoma un tumore raro ed inevitabilmente il paziente  rischia di ‘solo’ durante il percorso diagnostico e terapeutico”. Il focus di questo nuovo evento sarà incentrato sul follow up.  “I sarcomi sono un gruppo di malattie estremamente eterogeneo: esistono oltre un centinaio di sottotipi istologici – spiega il professore Vincenzi -. In altre parole, questo tumore può manifestarsi in diversi modi e può avere decorsi altrettanto differenti ogni sottotipo di sarcoma può avere una diversa aggressività oltre a poter insorgere in sedi anatomiche diverse. Ciò rende necessario personalizzare non solo il percorso di cura, ma anche il follow-up. Per comprendere meglio, se un tumore è molto aggressivo il follow-up potrà avere una durata di circa cinque anni e se in questo lasso di tempo non si verificano ricadute il rischio di eventi oltre quinto anno è trascurabile. Al contrario, per pazienti affetti da forme tumorali meno aggressive, il rischio complessivo di ricaduta sarà minore, ma spalmato in un lasso temporale maggiore e, pertanto, la durata del follow-up dovrà essere di almeno 10 anni. Tuttavia, la durata non è l’unico parametro del follow-up  che necessiti una personalizzazione. In funzione dell’aggressività biologica dello specifico sarcoma al paziente potranno essere prescri5tti esami di follow-up diversi. “Non è possibile definire un programma follow-up univoco per tutti i pazienti affetti da un sarcoma, al contrario di quello che avviene per molte altre patologie oncologiche che basano il programma di follow–up su solide linee guida. Anche per tale ragione – sottolinea il professor Vincenzi – è necessario che un paziente affetto da Sarcoma sia seguito da specialisti che abbiamo una profonda conoscenza della storia naturale di questa patologia”. Per fortuna, in Italia, centri di eccellenza per la cura dei sarcomi non scarseggiano affatto: “Ci sono molteplici Centri accreditati, in rete tra loro, secondo una logica di hub e spoke”, spiega il professor Vicenzi. L’utilizzo del modello Hub & Spoke in medicina parte dall’assunzione di base che per determinate patologie e/o situazioni molto complesse, sia necessario disporre di competenze specialistiche rare e/o apparecchiature molto costose, che non possono essere assicurate in modo diffuso su tutto il territorio. Il modello prevede quindi che l’assistenza per tali situazioni venga fornita da centri di eccellenza regionali o di macro area, detti appunto hub, a cui afferiscono dai centri periferici, detti spoke, i pazienti per i quali il livello di complessità degli interventi attesi superi quello che può essere fornito dai centri periferici. In particolare, dal 2017 è attiva in Europa la Rete europea per i tumori rari solidi dell’adulto EURACAN (European network for Rare adult solid Cancer), trai quali compresi i sarcomi. EURACAN è una delle 24 reti che costituiscono le Reti di riferimento europee (ERN, European Reference Networks), reti virtuali dedicate alla gestione di patologie rare o complesse, che mettono in collegamento gli operatori sanitari nei diversi Paesi europei per condividere conoscenza, esperienza, iniziative, risorse e permettere a tutti i pazienti nelle diverse aree geografiche di avere accesso alle cure più adeguate. “Nel percorso di follow up, oltre ad un’equipe multidisciplinare esperta nella cura dei sarcomi, è indispensabile anche la figura del caregiver, soprattutto quando il paziente dovrà incontrare i medici per discutere dell’esito degli esami effettuati. In caso di ‘cattive cattive notizie’ – conclude il docente – il supporto di una persona di supporto sarà estremamente utile”. […]
December 23, 2024ISG incontra i Pazienti Seconda Edizione Giovedì 16 gennaio 2025 alle ore 19.00 torna “ISG incontra i Pazienti”. Il focus del webinar sarà sul follow up. È il secondo appuntamento online organizzato da Italian Sarcoma Group (ISG) per Pazienti e Famigliari, grazie al supporto delle Associazioni di Pazienti, comprendendo tra queste anche SarkNos, che collaborano attivamente con ISG e che parteciperanno all’evento. Partecipa anche tu e avrai l’opportunità di porre domande agli Esperti ISG. Ulteriori informazioni sull’evento, sulla modalità di iscrizione e di partecipazione all’evento stesso saranno fornite appena disponibili. Se vuoi rivedere la registrazione dell’incontro precedente avvenuto il 23 Liuglio 2024, clicca QUI. […]
December 6, 2024Sarcoma, la voce dei pazienti: “Ecco come ho scoperto la mia malattia” In un’intervista, due membri dell’Associazione Sarknos raccontano la loro storia: “Il primo ostacolo lo si affronta già per giungere ad una diagnosi corretta” Se Valeria (il nome è di fantasia) è salva, lo deve solo a se stessa: è stata la sua caparbietà a condurla in tempi brevi ad una diagnosi di sarcoma, un tumore raro che deriva dalla trasformazione maligna delle cellule dei tessuti molli dell’organismo, come muscoli, tessuti connettivi, vasi sanguigni e linfatici, nervi, legamenti e tessuto adiposo. La storia di Giovanni ( anche il suo nome è di fantasia) è, invece, molto diversa: accogliere con estrema serenità le parole tranquillizzanti dei medici gli è costato un ritardo di un anno nella diagnosi di sarcoma, 12 mesi che se impiegati nel sottoporsi alle giuste terapie avrebbero potuto semplificare il suo percorso. Valeria: i primi sintomi Ma andiamo con ordine, cominciando a raccontare la storia di Valeria, una donna del sud Italia che oggi ha 42 anni ed è madre di due bambine, la seconda venuta alla luce a tre anni dalla diagnosi di tumore. “Ricordo il giorno dei primi sintomi come se fosse ieri – racconta Valeria -. Ero alla guida della mia auto nuova quando, toccandomi la coscia sinistra, ho percepito un gonfiore, paragonabile ad una pallina di consistenza dura. D’istinto mi sono toccata anche a destra, alla ricerca di qualche cosa di simile. Ma non ho trovato nulla. Il primo pensiero è che la frizione della nuova vettura mi avesse provocato una sorta di infiammazione: una spiegazione azzardata, ma verosimile”, dice ancora la donna. Dopo due giorni quella pallina era ancora lì, sulla coscia sinistra e Valeria ha cominciato ad ossessionarsene. “Sono andata dal mio medico di famiglia che ha confermato la mia autodiagnosi: la conseguenza di un’infiammazione da sforzo. Non ha ritenuto opportuno prescrivermi un’ecografia. Ma io volevo vederci chiaro e così sono andata in un centro privato e l’ho ugualmente eseguita. Lo specialista che ha refertato l’ecografia mi ha detto che, nonostante, sembrasse una formazione del tutto benigna era meglio rimuoverla, in virtù della sua localizzazione”. Dalla diagnosi di ematoma a quella di sarcoma Queste parole hanno contribuito ad accrescere la preoccupazione di Valeria al punto tale che un’ora dopo era già in un altro centro diagnostico per sottoporsi ad una seconda ecografia. “Questa volta la diagnosi è stata di ematoma – racconta la donna -. E questa diagnosi mi ha convita ancor meno, tanto che ho chiesto immediatamente anche il parere di un mio amico ortopedico che mi ha consigliato una risonanza magnetica”. Ed ecco la terza diagnosi nel giro di 48 ore: fascite nodulare. Nonostante la chiarezza del referto, l’ortopedico, amico di Valeria, le consiglia di recarsi in un centro specializzato nella cura dei sarcomi al centro Italia. Anche qui nessuna risposta convincente. “Dopo due mesi ho deciso, in autonomia, di operarmi per rimuovere la formazione che, nel frattempo, continuava a crescere a vista d’occhio”, aggiunge la donna. Poco dopo, con il risultato della biopsia sul tessuto prelevato, è arrivata l’ora della verità: tumore di Triton. Se Valeria è arrivata ad una diagnosi in pochi mesi, dunque, è stato solo grazie alla sua ostinazione. “Essere caparbia ha rappresentato la mia vera fortuna: il tumore era già al terzo stadio. Ho dovuto sottopormi a chemio e radioterapia e poi ad un altro intervento. Giovanni La storia di Giovanni, invece, mostra un’altra faccia della medaglia: le conseguenze di una diagnosi tardiva, non nel profondo sud, ma al centro Italia. La sua odissea è cominciata a fine 2021. “Ero in vacanza e scendendo delle scale a chiocciola, con in mano un bagaglio, ho percepito uno strappo alla coscia sinistra – racconta l’uomo -. Ma, lì per lì, ho dato poca importanza all’accaduto. Mi faceva male, ma ero convinto che il dolore sarebbe passato da sé”. E, invece, così non è stato. La gamba era sempre più dolente, livida e gonfia. Giovanni si è deciso a consultare un medico solo nel gennaio 2022: “Il gonfiore era talmente esteso che non potevo più piegare l’arto, né camminare. Al pronto soccorso, con un’ecografia e subito dopo una TAC, hanno accertato la presenza di emorragia e quindi effettuato il ricovero per una cura con antibiotici durata una decina di giorni fino a che il dolore fosse sparito”. Sono seguite altre due TAC, una immediatamente prima della dimissione, un’altra il mese successivo, entrambe con la medesima diagnosi di ematoma. “Un’ematoma che – racconta Giovanni – avrebbe dovuto pian piano scomparire. Grazie alla terapia antibiotica il dolore era effettivamente passato e, convinto che fosse un semplice ematoma, sono arrivato a Natale senza troppe preoccupazioni. Poi, il dolore è ricominciato, improvvisamente. Il 2 gennaio del 2023 ero di nuovo in pessime condizioni: non potevo nemmeno più poggiare la gamba a terra o piegarla. È a questo punto, al pronto soccorso di un altro ospedale, che pronunciano la diagnosi: sarcoma. Diagnosi poi confermata da lì a pochissimi giorni dalla biopsia programmata ed effettuata nello stesso ospedale”. Dai primi sintomi erano trascorsi 15 mesi. L’Associazione ‘fa la forza’ Le storie di Valeria e Giovanni sono diverse ma, nonostante ciò, hanno alcuni tratti in comune. Tra questi uno è, senza dubbio, il più importante: l’Associazione Sarknos. “Ho abbracciato l’Associazione affinché la mia esperienza possa essere utile a chi vive o vivrà la medesima esperienza. Non è stato facile condividere con altri, e nemmeno parlarne durante questa intervista, della mia esperienza, ma mi sento in dovere di farlo”. Per Giovanni l’Associazione ha due ruoli fondamentali: “È una forma di autoaiuto – dice – che ci permette di trovare gli strumenti utili a sostenerci l’un l’altro. Ma è anche un mezzo per diffondere, pure tra i comuni cittadini, la conoscenza di questa malattia e l’importanza di una corretta diagnosi”.Entrambi, ora, vivono pienamente il loro presente. “Ad ottobre scorso – racconta Valeria – mi hanno detto che i miei controlli potranno essere distanziati di un anno”. Un traguardo importante che, invece, Giovanni deve ancora conquistare: “Le mie visite sono serrate, ogni tre mesi. Ma per ora è un bene. Mi porto ancora addosso questa diagnosi tardiva, quella terribile sensazione che aver perso più di un anno prima di accedere alle giuste cure possa compromettere la mia prognosi”, conclude l’uomo. […]
November 30, 2024Mindfulness e self-compassion Così i pazienti oncologici imparano a gestire stress ed emozioni. Si chiama “Con Cura-Sa: prendersi cura di sé mindfulness e self-compassion per chi vive l’esperienza del sarcoma” ed è il corso promosso da Sarknos, rivolto a pazienti oncologici, finanziato con i fondi raccolti dalla stessa Associazione grazie alla “Cena della Solidarietà 2024“. Leggi l’intervista completa alla dott.ssa Rosa Bruni, docente del corso, psichiatra, psicoterapeuta, insegnante certificato di programmi Mindfulness-based e Mindful Self-Compassion (articolo disponibile QUI) […]
November 26, 2024Mindfulness e self-compassion: così i pazienti oncologici imparano a gestire stress ed emozioni Si chiama “Con Cura-Sa: prendersi cura di sé mindfulness e self-compassion per chi vive l’esperienza del sarcoma” ed è il corso promosso da Sarknos, rivolto a pazienti oncologici, finanziato con i fondi raccolti dalla stessa Associazione durante una recente cena di beneficienza. Perché iscriversi? “Innanzitutto per curiosità” – risponde la dottoressa Rosa Bruni, docente del corso, psichiatra, psicoterapeuta, insegnante certificato di programmi Mindfulness-based e Mindful Self-Compassion, formatrice nell’ambito sanitario per la prevenzione dello stress lavoro-correlato – . Poi, per poter sperimentare direttamente come e quanto l’approccio meditativo della mindfulness possa aiutare nella gestione dello stress, delle emozioni e pensieri difficili che sorgono quando si vive la malattia oncologica – aggiunge la specialista -. Spesso nelle diverse fasi del cancro, come di altre malattie e/o sintomi cronici, si possono generare sintomi di stress, di ansia, depressione: emozioni difficili, sbalzi d’umore, difficoltà relative al sonno e all’alimentazione sono esperienze frequenti. I pensieri negativi che spesso diventano catastrofici, le emozioni di paura e d’ansia per il presente e per il futuro finiscono per agire anche sul corpo già provato dalla malattia. Anche per chi si trova in una fase diversa, magari già con la malattia alle spalle, lo stress spesso si annida nei pensieri dei controlli medici o della paura di una recidiva: ciò può minare la serenità e mantenere in uno stato continuo di tensione. Tutte le emozioni sono chiaramente legittime ma spesso tutto questo genera un grande stress che può contribuire a compromettere la salute fisica e psichica. Diversi studi clinici dimostrano l’efficacia della mindfulness nelle situazioni oncologiche per ridurre sintomi quali l’ansia, la depressione, gli sbalzi d’umore, la fatigue. Quindi un paziente potrebbe essere interessato a sperimentare un approccio come questo, semplice ma efficace, per stare meglio”. L’effetto analgesico della mindfulness Che la mindfulness abbia numerosi benefici, più di tante altre forme di meditazione, lo dice la scienza. Anche se non disponiamo, ad oggi, di un numero rilevante di evidenze scientifiche sul valore aggiunto di questa pratica per i pazienti oncologici, la ricerca sul tema è in continuo fermento. Ne è un esempio lo studio pubblicato di recente su ‘Biological Psychiatry’, che ha mostrato la potenza ‘analgesica’ della mindfulness, usata da decenni in diverse culture. La ricerca è basata sull’osservazione delle reazioni neurologiche ai diversi tipi di intervento per il controllo di stimoli dolorosi. Gli scienziati della California hanno analizzato, avvalendosi del supporto della risonanza magnetica cerebrale, le reazioni del cervello di 115 volontari, mentre veniva loro applicato un sensore caldo e molto doloroso, sia pure non pericoloso, su una gamba. I volontari che praticavano la mindfulness non solo hanno riportato le più lievi sensazioni di dolore, ma hanno avuto, a livello cerebrale, risposte completamente distinte da quelle scaturite dall’effetto placebo o da altre forme di gestione del dolore. La struttura del corso Il corso “Con Cura-Sa: prendersi cura di sé mindfulness e self-compassion per chi vive l’esperienza del sarcoma” prevede un incontro a settimana di due ore per un totale di otto settimane. “In ogni sessione si alternano pratiche di mindfulness, esercizi di self-compassion e riflessivi, brevi pillole teoriche sullo stress in genere e stress legato alla malattia, momenti di condivisione gruppale – spiega la docente del corso, la dottoressa Rosa Bruni -. Nella condivisione in gruppo, ognuno parla della propria esperienza in riferimento alla pratica proposta. Non si entra nella storia o nella biografia. È una condivisione dell’esperienza appena vissuta per permettere di fare esperienza della comune umanità: per rendersi conto di come funzioniamo sul piano delle relazioni di stress, di come tutti viviamo momenti di difficoltà, di vergogna, di emozioni difficili”. Self-compassion Non solo mindfulness. Ampio spazio anche agli esercizi ed alle pratiche di self-compassion, un costrutto che è stato introdotto da Kristin Neff, ricercatrice e professoressa di psicologia all’Università di Austin. “La self-compassion – continua la dottoressa Bruni  – coincide con un modo gentile e benevolo di prendersi cura di sé sempre ma in particolare quando si vivono situazioni difficili come una malattia, un insuccesso, un fallimento. Coltivare la self-compassion equivale a riconoscere e depotenziare la severa autocritica interiore, sempre pronta a far sentire inadeguati o incapaci. Serve a motivarsi al cambiamento con gentilezza e fierezza imparando a riconoscere i propri veri bisogni e a confortarsi quando è necessario”.  A chi si rivolge il corso Il corso può essere utile per pazienti che abbiano terminato o stiano terminando i trattamenti attivi. “La sua utilità può essere estesa anche alle altre fasi della malattia come quella del follow-up. Durante il trattamento attivo (chemio o radioterapico o chirurgico) l’impegno richiesto dal corso potrebbe non essere praticabile in termini di continuità di presenza, per questa ragione si tende a sconsigliarne l’iscrizione. Tuttavia, in casi particolari si può rivedere quest’indicazione dopo una valutazione adeguata”, spiega la dottoressa Bruni. Per ottenere i benefici sperati sarà necessario anche fare i ‘compiti a casa’. “I partecipanti ricevono le tracce audio delle meditazioni e un quadernetto che comprende letture e brevi esercizi per allenare la consapevolezza tra un incontro e l’altro – dice la Psichiatra -. La pratica di consapevolezza aiuta a riconoscere ciò che stiamo vivendo sul piano corporeo, emotivo e dei pensieri: ci aiuta ad essere meno reattivi, meno guidati dal pilota automatico e quindi più in grado di scegliere come rispondere alle situazioni che viviamo. Al contempo è un’occasione per allenare alcune qualità del cuore, come la gentilezza, la compassione, la pazienza, il non giudizio: inclinazioni interiori che aiutano ad avere un atteggiamento più benevolo verso sé stessi e verso gli altri”, conclude la dottoressa Bruni. Per saperne di più … Che cos’è la mindfulness La mindfulness è un termine inglese che in italiano è stato tradotto in vari modi, come consapevolezza o piena presenza. Il termine mindfulness si riferisce sia a questo tipo di consapevolezza non concettuale-un modo d’essere in cui siamo attenti e consapevoli del momento presente, senza giudizio e aperti ad accogliere quello che avviene nel qui ed ora-che una pratica per allenare questa funzione mentale. La mindfulness è semplice: prestare attenzione a ciò che si presenta nel momento presente, a ciò che emerge e poi passa. Accogliere senza cambiare nulla, stando con le cose così come sono. Sembra semplice ma richiede un bell’allenamento! L’attenzione è una componente essenziale della mindfulness: ma l’attenzione al momento presente, oltre ad essere intenzionale è caratterizzata dalla qualità del non-giudizio, della curiosità e dell’apertura. Le pratiche meditative di mindfulness, pur derivate dalla grande tradizione buddhista, sono pratiche laiche usufruibili da tutti perché sia nel linguaggio che nella struttura sono state epurate da qualsiasi riferimento religioso o spirituale specifico. Jon Kabat-Zinn, biologo molecolare e pioniere della diffusione della mindfulness, è stato l’ideatore, negli anni settanta, del primo programma basato sulla mindfulness per la riduzione dello stress: Mindfulness-based stress reduction (MBSR). Il programma, sottoposto a verifica sperimentale, sin dall’inizio, è attualmente proposto in centinaia di ospedali, aziende, realtà formative e sociali: sono migliaia gli studi clinici che, nei contesti più diversi, ne hanno saggiato l’efficacia. La pratica di mindfulness invita le persone a volgersi verso la propria esperienza, senza giudicarla, provando ad accoglierla così come si presenta, sotto forma di sofferenza o di difficoltà o di gioia. È un modo per allenare la capacità di accettare la vita nelle forme in cui si presenta momento dopo momento, fase dopo fase: si tratta di avvicinarsi a ciò che accade con curiosità, gentilezza e senza giudizio.  Contrariamente a quello che accade di solito-siamo portati ad evitare e respingere ciò che ci fa soffrire e ad aggrapparci a ciò che ci piace-se proviamo a relazionarci con curiosità e benevolenza a ciò che ci accade-anche quando si tratta di sofferenza, fallimento o disagio-allora possiamo trovare un modo diverso, meno sofferto e difficile per stare al mondo. Accorgendoci ad esempio che anche quando viviamo un dolore e ci sembra che tutta la nostra vita sia inghiottita dal buio e dall’angoscia, c’è anche dell’altro. Non si tratta di negare il dolore ma di allargare lo sguardo per rendersi conto che la vita è sempre più ampia di quel dolore, di quell’angoscia, di quella difficoltà che stiamo vivendo. Così nel caso della malattia oncologica, è facile che la mente possa o costruire pensieri paurosi e catastrofici che generano ulteriore angoscia e ansia oppure cerchi trucchi per evitare la sofferenza che finiscono per provocare ulteriore disagio. Molti studi clinici dimostrano l’efficacia della pratica costante di mindfulness in pazienti con varie malattia tra cui il cancro: i benefici riguardano il miglioramento dell’attività immunitaria, una riduzione del livello di infiammazione cronica, una minore attivazione dell’amigdala e delle aree cerebrali legate alla paura e alle emozioni difficili e una maggiore della corteccia prefrontale responsabile della regolazione emotiva e di altre importanti funzioni esecutive. […]

Chi Siamo

SarkNos stimola l’incontro ed il confronto tra pazienti, familiari, personale sanitario e promuove la socialità, per far nascere idee dalle esperienze comuni. Inoltre, informa, indirizza ed include pazienti con nuova diagnosi per abbattere le barriere dell’isolamento e della paura.

Partecipa anche tu!

Partecipa anche tu alle iniziative di Sarknos!
Abbiamo bisogno del tuo contributo per crescere, migliorare, sviluppare nuovi percorsi!
Se hai voglia di metterti in gioco, di abbracciare nuove esperienze di incontro e confronto, di essere tra i protagonisti dei nostri nuovi progetti… unisciti a noi!
Scrivi all’indirizzo info@sarknos.it

Prenota la tua visita

Centri di riferimento Nazionali

CENTRI DI CHIRURGICA ONCOLOGICA SARCOMI​
CENTRI DI ONCOLOGIA
MEDICA E DI RADIOTERAPIA
CENTRI DI RADIOTERAPIA AD ALTA SPECIALIZZAZIONE (ADROTERAPIA)
3
4
5
7
8
9
6
10
1
2
previous arrow
next arrow
Skip to content